E’ stato presentato martedì 3 novembre il 16° Rapporto Annuale di Federculture*, dal significativo titolo “Impresa Cultura. Dal tempo della cura a quello del rilancio” (se siete interessati, qui trovate delle slide di sintesi dei dati).
Dopo un’analisi dei fenomeni culturali in Italia negli ultimi 20 anni (“Com’eravamo prima del Coronavirus”), il rapporto si concentra sugli effetti che la pandemia ha avuto sui luoghi e sulla filiera della cultura nel nostro paese, per guardare poi a quello che sarà il futuro (“Parte II. Verso una nuova produzione culturale”) e ad alcuni casi particolari di istituzioni culturali a livello nazionale e regionale (“Parte III. Il settore pubblico a confronto con la crisi”).

La cultura in Italia negli ultimi 20 anni
Nelle ultime settimane le chiusure di teatri e cinema hanno rinnovato le annose polemiche sul valore e l’importanza riconosciuti dalla politica e dalle istituzioni alla cultura nel nostro paese, una critica che sembra non priva di fondamento, visto che il rapporto evidenzia negli ultimi 20 anni una significativa riduzione delle risorse pubbliche per il settore culturale, principalmente da parte delle amministrazioni territoriali – Regioni, Province e Comuni. Se infatti nel 2000 la spesa pubblica per la cultura era pari a 6,7 miliardi di euro, nel 2018 era scesa a 5,7 miliardi: un miliardo in meno, pari al 15%. Una bassa spesa pubblica, dunque, che ci pone in fondo alle classifiche europee dove la media Ue dell’incidenza della spesa in cultura sulla spesa pubblica totale è del 2,5%, mentre noi siamo fermi all’1,6%.

Luci e ombre nella fruizione
A questo quadro sul fronte delle risorse corrisponde (ma quale la causa e quale la conseguenza?) una linea di tendenza della domanda non positiva. Infatti i dati sulla fruizione culturale – vale a dire la dimensione interna della partecipazione dei cittadini e dei loro consumi – disegnano un andamento che, seppure in crescita nell’intero periodo, negli anni finali del ventennio considerato segna dei numerosi cali: dopo un decennio di crescita, in molti ambiti diminuisce la partecipazione culturale dei cittadini soprattutto per cinema, teatro, lettura. Quest’ultimo, anche per il 2019, il dato più allarmante: gli italiani si confermano scarsi lettori, con una tendenza che dal 2010 al 2019 è calata del 13,4%.
Unico dato positivo è quello dei visitatori dei musei statali, che negli ultimi 20 anni è quasi raddoppiato: 30 milioni di presenze nel 2000, 55 milioni nel 2019.
A proposito di musei, colpisce negativamente la tabella dei più visitati al mondo: per trovare il primo italiano, infatti, bisogna arrivare al 26esimo posto degli Uffizi (non vale il terzo posto dei Musei Vaticani, che appartengono alla Città del Vaticano): visto che non ci mancano capolavori e reperti unici al mondo, è evidente che abbiamo molto da migliorare (e investire!) in comunicazione, promozione, didattica, musealizzazione e servizi museali. E’ dunque evidente la necessità di nuovi e importanti interventi strutturali; per dirla con le parole del presidente di Federculture, Andrea Cancellato, «Il MiBACT deve diventare il ministero più importante di un “nuovo” welfare italiano, cioè il ministero che contribuirà a rendere la cultura l’elemento chiave del nostro vivere in comunità e della coesione del nostro Paese, il fattore più rilevante della nostra formazione e della nostra riconoscibilità».

L’impatto del COVID
I risultati di un sondaggio eseguito tra maggio e giugno da Federculture tra tutti i soggetti in campo sono molto preoccupanti: il 70% stima perdite del 40% del proprio bilancio; per il 13% perdite superiori al 60%; solo il 22% immagina un futuro ritorno alla normalità, mentre il 50% prospetta una riduzione e ridefinizione delle proprie attività.
E’ dunque evidente che gli ultimi mesi (ma l’immediato futuro, almeno a breve termine, non sarà certo migliore!) hanno impattato molto pesantemente sulla filiera della cultura: il settore deve fare i conti con scenari totalmente mutati e con un impossibile ritorno alla “normalità” pre-crisi, almeno nel medio periodo. Anche per le imprese della cultura è necessario, dunque, ripensare i modelli produttivi, le condizioni di sostenibilità, il rapporto con i pubblici, le modalità di offerta e fruizione di contenuti ed esperienze di visita.

Il bicchiere mezzo pieno
Tra i tanti elementi negativi, a tratti drammatici, c’è però almeno un aspetto positivo, che sta permettendo di colmare o quantomeno ridurre un gap che l’Italia segnava rispetto alla media europea: molti attori del comparto cultura hanno reagito veicolando la propria offerta tradizionale in forme del tutto nuove, soprattutto implementando i propri servizi a distanza e realizzando in quantità e qualità prodotti culturali nuovi ed innovativi per soddisfare da remoto la domanda di cultura dei cittadini.
“Quella nata, in un momento critico, come offerta suppletiva rispetto all’ordinario è stata ben presto percepita come un’offerta alternativa o, meglio ancora, come una declinazione aggiuntiva delle canoniche modalità di fruizione del prodotto culturale. Ben il 96% degli attori che hanno attivato servizi on line relativi alla propria attività dichiarano, infatti, di essere intenzionati a mantenerli nel proprio palinsesto anche dopo il pieno superamento della crisi e l’auspicato ritorno alla normalità.”
Il comparto cultura sembrerebbe dunque dimostrare una capacità di resistenza e resilienza che sollecita una scelta decisa di interventi strutturali, anche per scongiurare il pericolo che, una volta che saranno terminate le misure tampone attuate in questi mesi, si inneschi una spirale negativa che potrebbe portare alla perdita di un’inestimabile bene dal valore sociale oltre che economico.
“Si tratta, dunque, di concretizzare politiche di ampio respiro e prospettiva: mettere a punto figure giuridiche innovative come l’impresa culturale, definire ed incentivare forme virtuose di partenariato pubblico-privato, sperimentare forme nuove e più efficienti di sostenibilità e di finanziamento delle politiche pubbliche”.

* Federculture è la Federazione nazionale delle Aziende di Servizio Pubblico Locale, Regioni, Enti Locali, e tutti i soggetti pubblici e privati che gestiscono i servizi legati alla cultura, al turismo, allo sport e al tempo libero

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